
Due Diligence Franchising: la radiografia prima di firmare un contratto franchising o investirci.
Immagina Giulia, 34 anni, che sogna da sempre di lasciare il lavoro da dipendente. Ha trovato un marchio che le piace: un brand di caffetterie in espansione che promette “successo garantito” e “redditività dal primo anno”. Sta per firmare, ma la notte prima non dorme. Le gira in testa una domanda: “E se stessi sbagliando tutto?”
Ora immagina Marco, manager 45enne, che non vuole aprire un singolo negozio ma acquistare i diritti di Master Franchise per una regione. Le cifre sono molto più grandi, i rischi pure. Non dorme nemmeno lui: “E se il modello non fosse replicabile su larga scala?”
Infine c’è Elena, 50 anni, avvocata con un portafoglio diversificato. Non vuole gestire il negozio: vuole capire se quel franchising è un investimento serio da mettere in portafoglio. La sua domanda è diversa: “E se i numeri che mi mostrano fossero solo una vetrina ben lucidata?”
Tre persone, tre profili, stessa esigenza: una due diligence seria prima di firmare.
Cos’è la due diligence franchising (in parole semplici)
Quando diciamo “È la radiografia completa di un format franchising”, parliamo di un’analisi profonda e oggettiva del modello di business — proprio come una radiografia medica mostra ciò che l’occhio non vede. Non serve a capire se il marchio è famoso o se fa tendenza su Instagram, ma se sta davvero in piedi.
Non si valutano like o follower, ma sostenibilità economica, replicabilità del modello e solidità organizzativa.
In altre parole: non basta che il brand “funzioni bene a casa madre”. Deve funzionare anche nel mondo reale, con un affiliato normale, in una città normale, con costi veri e clienti veri.
“Guardare oltre le brochure e le promesse” significa non farsi abbagliare dalle slide patinate o dai numeri “arrotondati per eccesso”. Serve verificare dati concreti: margini reali, tempi di rientro, royalties sostenibili, livello di supporto offerto al franchisee, e — fondamentale — sentire la voce di chi è già dentro la rete.
Infine, la frase “È l’unico modo per trasformare un sogno in un investimento” è un promemoria per chi si lascia guidare solo dall’entusiasmo. Nel franchising il cuore serve, ma la testa deve comandare: bisogna passare da un sogno emozionale a una valutazione razionale e numerica.
Solo così si riduce il rischio e si costruisce un progetto solido e duraturo.
Cosa vuol dire in concreto? Te lo spieghiamo subito:
1. Per il franchisee
Prima di firmare, pretendi i numeri veri: analizza il P&L (Profit & Loss), verifica costi e ricavi realistici, e non basarti solo sul fascino del brand.
Chiedi di parlare con altri affiliati, visita i punti pilota e soprattutto contestualizza i dati alla tua location: quello che funziona in centro a Milano può non funzionare in periferia a Pescara.
Fatti affiancare da un esperto di franchising, non da un commercialista “generalista” — loro sanno fare contabilità e adempimenti fiscali, ma se sapessero leggere davvero un modello di business… probabilmente farebbero gli imprenditori.
2. Per il franchisor
Preparati a passare ai raggi X. Se il tuo format non regge a una verifica oggettiva, forse devi rivedere la struttura dei costi, la catena di fornitura o i margini operativi.
E, a volte, la verità è ancora più semplice: hai scelto la location sbagliata. Nel food e nel retail, la regola non cambia mai: Location, location, location.
È il primo (e spesso l’ultimo) parametro che decide la vita di un punto vendita.
3. Per il consulente o analista
Il tuo lavoro è smontare le illusioni e cercare le evidenze. Usa checklist di verifica (unit economics, break even, contratti, royalty, fee d’ingresso, margini lordi).
Quando valuti una realtà, non limitarti ai documenti ufficiali: intervista un affiliato, consulta recensioni e canali social e verifica con attenzione i dati economici.
Ricorda però che i bilanci non sempre riflettono fedelmente la situazione: possono essere influenzati da operazioni come leasing o ricavi straordinari, che alterano il quadro reale.
La comprensione più concreta arriva parlando direttamente con chi opera ogni giorno all’interno dell’attività.
I 5 pilastri della due diligence franchising
1. Mercato e brand: la torta è abbastanza grande?
Giulia chiede: “Nella mia città ci sono già 10 bar. Ha senso aprirne un altro con questo marchio?”
La prima indagine è sul contesto. Se il settore è in crescita, se i consumatori cercano quel prodotto, se il brand è riconosciuto e amato, allora la torta da spartire c’è. Ma se il mercato è saturo, rischi di avere il negozio più bello del quartiere… e il conto corrente più vuoto.
2. I numeri: investimento sostenibile o miraggio?
Marco, che vuole il Master Franchise, sa che i numeri sono la prima trappola. Gli mostrano proiezioni con ROI del 30%, break-even in 12 mesi e margini da favola. Lui chiede: “Posso vedere i bilanci dei punti pilota? Posso parlare con affiliati medi, non solo con i top performer?”
La due diligence economica non è accontentarsi delle promesse. È chiedere: fee d’ingresso, royalties, contributi marketing, costi fissi, margini medi reali. E costruire scenari: pessimistico, realistico, ottimistico.
3. Know-how e supporto: ti vendono un logo o un sistema?
Elena non si lascia sedurre da insegne luminose. Le interessa il motore sotto al cofano. Chiede: “Il Manuale Operativo è aggiornato? La formazione copre anche HR e gestione crisi? Che tipo di supporto ricevo nei primi sei mesi di apertura?”
Perché il franchising non è una licenza d’uso del marchio: è un sistema replicabile. E quel sistema deve essere scritto, insegnato, supportato.
4. La rete: la verità sta nella voce degli affiliati
Giulia prende il telefono. Non vuole solo brochure, vuole storie vere. Parla con un affiliato che ha aperto da 6 mesi e con uno che è dentro da 10 anni. Le chiede: “Se potessi tornare indietro, lo rifaresti?”
Qui si vede la differenza tra marketing e realtà. Se gli affiliati raccontano di supporto reale, margini coerenti e una relazione sana con il franchisor, bene. Se invece emergono promesse non mantenute, forniture troppo care, conflitti territoriali… è il momento di fermarsi.
5. Il contratto: la legge del matrimonio
Marco lo sa: il contratto non è un allegato burocratico, è la costituzione del rapporto.
Durata, esclusiva territoriale, clausola di non concorrenza, obblighi di acquisto, cause di recesso. Tutto scritto, tutto vincolante. E qui il rischio è altissimo: firmare alla cieca significa legarsi per anni con condizioni potenzialmente capestro.
✅ Checklist pratica della due diligence franchising
- Mercato & Brand → Il settore è in crescita? Il marchio ha reputazione solida e un vantaggio competitivo unico?
- Numeri & Investimento → Fee, royalties e costi sono chiari? Esistono bilanci e previsioni realistiche? Il punto di pareggio è raggiungibile?
- Know-how & Supporto → Manuale operativo completo, formazione solida, assistenza reale dopo l’apertura?
- Rete degli Affiliati → Qual è il livello di soddisfazione degli affiliati? Ci sono casi di chiusura o conflitti? Lo rifarebbero?
- Contratto → Durata, esclusiva, obblighi e clausole di non concorrenza sono equilibrati e sostenibili per l’affiliato?
La firma non è la fine, ma l’inizio
Alla fine, Giulia ha capito che il brand che le piaceva non aveva basi solide: meglio aspettare. Marco, dopo una due diligence meticolosa, ha negoziato condizioni più equilibrate e ora sta espandendo nella sua regione. Elena ha scartato un format troppo fragile, ma ha trovato un altro franchising con numeri solidi e un sistema robusto, dove il capitale è davvero al sicuro.
La morale è chiara: la firma non è un punto d’arrivo, ma il primo passo di un viaggio che può durare anni. E la differenza tra un sogno realizzato e un incubo legale si gioca tutta nella due diligence.