I rischi del brand nel franchising

Qualsiasi progetto di franchising parte da un marchio. Non a caso il sistema del franchising si fonda su due pilastri essenziali: licenza d’uso di un marchio registrato e l’esistenza di un peculiare know-how da trasferire agli affiliati.
Quindi un buon franchising deve essere in grado di tutelare le due colonne portanti: pena la possibile implosione.
Vorrei in questa disamina porre l’attenzione sulle questioni che attentano alla salute del marchio e, quindi, di un brand franchise. Henry Ford sosteneva che “due cose non appaiono nel bilancio di un’azienda: la sua reputazione e i suoi uomini, quest’ultimi se non come voce di costo”. Tuttavia, oggi a nessuno può negare Il valore di mercato che un’azienda può acquisire in termini brand reputation e brand equity, tale, in alcuni casi, da giustificare exit succulenti seppur con bilanci in rosso (vedi il caso Grom).
Ma attenzione! Il percorso di crescita di un brand non è immune a rischi e a pericolose tentazioni. A Quali trappole può, pertanto, esporsi al brand management di un franchising? Avete per caso mai sentito parlare di “fonti parassite”? Andiamo a vedere come sono e come possono indebolire una marca, privandole del suo valore sul mercato e/o compromettendone il suo posizionamento.
Un buon franchising non deve limitarsi a tutelare legalmente il proprio brand, non può solo fare della pubblicità per incrementarne notorietà e forza ma deve fare attenzione anche alla sua gestione strategica e commerciale.
Secondo Kapferer esistono minacce alla salute della marca e le indentifica come “fonti parassite”; conosciamole alcune.

Il mimetismo

La pratica consiste in comportamenti di me too o look alike, cioè imitazione sistematica dei competitor (il leader) da parte di un altro brand (follower). Del competitor replicano l’aspetto esteriore (strategie di somiglianza esterna), i temi chiave della pubblicità, i benefici distintivi, le innovazioni tecnologiche e di prodotto. È soprattutto sul piano della comunicazione che la pratica del mimetismo genera i suoi effetti più deleteri. Utilizzare lo stesso linguaggio, lo stesso tono di voce, la stessa grammatica dei competitor conduce a un significativo appannamento dell’immagine, che risulterà poco distintiva e priva di tale rappresentatività. Nel mondo del franchising è un rischio sempre latente. Cercare di imitare un punto di riferimento (come può accadere, ad esempio, nel mondo delle pizzerie, hamburgherie, sushi) rischia di non creare una vera identità del brand.

La corsa della seduzione

È una preoccupazione centrata sulla necessità di acquisire un’immagine che piace. La marca seduttrice viene trascinata dall’onda delle mode e tendenze, senza avere però una propria coerenza e identità. Questo tipo di marca è stata definita da Krapferer opportunista e demagogica. Il settore della moda è stato dominato dalla logica della seduzione, attraverso campagne pubblicitarie con un look patinato, seducente , cool. però priva di una reale distintività rispetto ai competitor. Perché alla fine ci raccontano la stessa storia. Il mondo del franchising è molto sensibile a questa seduzione e non a caso di parla spesso di “tendenze” anche nelle tipologie di format venduti (un esempio? La diffusione del poke o dell’hamburgheria, ma ne potrei citare a decine).

L’identità fantasma

La marca dell’identità fantasma è quella che comunica un sé ideale ma non reale, si svela nel tempo, dopo che la comunicazione è risultata troppo distante dalla verità. La promessa commerciale che esprime la marca non deve mai allontanarsi troppo da quello che effettivamente riesce a garantire al loro target.

L’estensione-flop

Quando un brand decide di intraprendere una strategia di prodotto in un comparto merceologico nuovo, distante dal proprio core business, capitalizza sulla propria identità per accrescere i profitti. Ma se il salto di territorio è incongruo la brand image ne risentirà negativamente. Nel franchising un esempio è il mondo dei negozi di capsule. Partendo dalla vendita di capsule e cialde di caffè, ci si è ritrovati con store che vendono tè, acqua, bevande, stoviglie. Perché questo? Per mantenere interessanti in volumi di vendita allargando il portfolio prodotti. Tuttavia, la marca che decanta la centralità del caffè rischia di essere intesa come debole perché intrinsecamente fa capire come il core business da solo non basta a reggere il modello.

Il brand stretching dissennato

Stiamo parlando di quei casi in cui la marca che storicamente è riconosciuta per un prodotto/servizio attacchi s’avventura in altri settore completamente diversi; sono operazioni delicate, dense di possibilità e spesso fortunatissime, ma anche fatali e irte di pericoli.
Se da una parte la marca può diventare un reale moltiplicatore di valore, un trasmutatore alchemico, perché se ben gestita funziona come pietra filosofale, dall’altra non trasforma in business ogni cosa. Il suo sviluppo è associato alla progressiva emancipazione della proprietà intellettuale dai prodotti che identifica.
È una procedura di grande diffusione e successo spesso preferita dalle aziende rispetto alla produzione interna; tuttavia senza scelte coerente di posizionamento e una strategia di fondo può rivelarsi rischiosa e fonte parassita. Consiste nel cedere l’uso di un marchio a un’altra impresa, dietro il pagamento di royalties.
Il proprietario del marchio come bene intellettuale e registrato è responsabile del mantenimento di un trattamento uniforme della proprietà data in licenza; ciò significa stabilire canoni d’immagine e di qualità che serviranno da guida per coloro che andranno ad applicarli ad altre categorie merceologiche.
Nel franchising il licensing è più frequente di quanto si pensi. È la soluzione per chi non ha tutti i requisiti per diventare franchise, ma comunque ha le basi di un know how incarnato in un marchio. Il caso può essere In questa disamina dei rischi “dietro l’angolo” si può evincere un unico vero imperativo: pensare ad una strategia di sviluppo. Ricordate che il franchising non è né un settore, né un prodotto ma un sistema e come tale, chi vi si approccia deve conoscerne meccanismi ed elementi strutturali come appunto è il brand.

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