India & Franchising: Cosa ho imparato nel mio viaggio d’affari e non solo
“Sono le azioni che contano. I nostri pensieri, per quanto buoni possano essere, sono perle false fintanto che non vengono trasformati in azioni. Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”, è una frase di Gandhi che da sempre ispira il mio lavoro e la mia vita.
Anche grazie a Gandhi è cresciuto negli anni il mio amore per l’India e finalmente ho avuto la possibilità di visitarla cogliendo a volo l’invito di Gaurav Marya, fondatore di Franchise India Group, Investitore di settore e autore nella letteratuta manageriale, che mi ha invitato a partecipare a una delle più importanti fiere mondiali sul franchising: il Franchising India Expo, con oltre 500 brand presenti e una media di 50mila visitatori ogni anno.
Quello che mi ha colpito subito, appena messo piede alla fiera, è stata l’energia travolgente degli imprenditori indiani, la voglia di intraprendere e di trovare nuovi partner commerciali internazionali. Un’energia e un sentimento di grande speranza verso il futuro che spiega anche i numeri straordinari che ha saputo raggiungere negli ultimi anni l’economia indiana.
In questo articolo voglio raccontarti cosa ho imparato sull’India e sul comparto franchising in grande fermento ed espansione.
Un’economia dai numeri incredibili?
“Thank you India”, cantava Alanis Morissette, in una celeberrima canzone del 1998. Oggi molti imprenditori possono dire “grazie” allo Stato dell’Asia Meridionale proprio per le grandi opportunità che offre, in particolar modo nel comparto del franchising.
D’altronde, i numeri del Paese sono straordinari: la crescita attesa del PIL è sopra il 7%, le esportazioni hanno raggiunto quota 650 miliardi. Buone notizie ci sono anche sulla disoccupazione che è ben al di sotto del 10% con il reddito pro capite raddoppiato nel giro di 10 anni.
Da quattro chiacchiere con gli imprenditori indiani alla fiera, emerge che questi risultati che sono stati ottenuti anche per la lungimiranza della politica indiana. Il Piano BRAP, lanciato nel 2014 dall’attuale primo ministro Narendra Damodardas Modi, ha contribuito all’impennata dell’economia indiana grazie alla semplificazione degli adempimenti e accordi bilaterali per stimolare, soprattutto, gli investimenti esteri. Non è un caso che Apple stia cercando di svincolarsi dalla Cina, triplicando la produzione di iPhone in India.
Fondamentali sono stati anche gli incentivi offerti dallo Stato, come il PLI: acronimo di Production Linked Incentive Scheme è una manovra del valore di 25 miliardi di dollari che ha consentito di internalizzare molte produzioni, come quella dei cellulari.
+ 100 miliardi di opportunità
Mi sono fatto raccontare da Gaurav Marya, fondatore di Franchise India Group, alcuni dati e dettagli sul comparto del franchising indiano. Questo toccherà quota 150 miliardi di dollari, con una crescita dal 30 al 35% all’anno. Un altro dato: oltre 300 aziende in media lanciano un business di franchising all’anno.
La ristorazione rappresenta il segmento più grande del mercato con un peso del 35% del totale, mentre crescono il retail, i servizi di bellezza e cura alla persona, la formazione e l’istruzione.
Oltre alle catene di franchising internazionali che dominano nel mercato indiano (parliamo di McDonald’s, KFC, Domino’s Pizza e Subway, ci sono altre catene, sviluppatesi a livello locale, che sono da tenere d’occhio per chi volesse investire nel Paese.Reliance Fresh, per esempio, è leader nel mercato della vendita di frutta e verdura, con oltre 2.700 negozi e la vendita di oltre 200 mila chili di frutta e 300mila di verdura ogni giorno. Nel comparto moda e franchising indiano a dominare è Pantaloons che vende moda e accessori maschili e femminili di oltre 200 brand, con 344 negozi in 170 città in India. Tra i più grandi player nel comparto degli ipermercati indiani c’è Big Bazaar (oggi Smart Bazaar) che ambisce a raggiungere i mille negozi, dopo l’acquisizione nel 2020 da parte di Reliance Retail (gli stessi di Reliance Fresh) per 360 milioni di dollari. Nel comparto della sanità sono tre i brand di maggiore successo sul mercato indiano come Apollo Hospitals (gestione di circa 71 ospedali e revenue di 2 miliardi di dollari) e Max Healthcare che gestisce 17 ospedali tra India, Dubai e Africa, con revenue di 740 milioni di dollari. Tra gli altri brand che hanno saputo affermarsi nel mercato indiano Patanjali, medicina ayurvedica, Lenksart, produzione occhiali da sole, e Lakme Industry, nella cosmetica, un brand internazionale presente in oltre 65 Paesi nel mondo.
In quali città investire?
Sono cinque le città nelle quali un imprenditore che investe in India può avere più opportunità, sia per le politiche destinate agli investitori esteri che per il sistema dei trasporti. Tra queste c’è sicuramente Mumbai, primo centro finanziario dell’India (Il Maharashtra contribuisce infatti al 15% del PIL nazionale, di cui l’87% grazie a Mumbai, ndr). La città è anche la principale destinazione degli investimenti esteri (più del 25% sul totale) e vanta primati nell’industria automobilistica e nei settori delle biotecnologie, farmaceutico e tessile. Oltre a ospitare la Reserve Bank e la Borsa del Paese.
Nuova Delhi è la capitale della nazione ed è la città a più alta concentrazione di aziende estere che investono anche in virtù del buon sistema di trasporti. A guidare l’economia della città è l’industria manifatturiera con l’edilizia, ma dominanti sono anche le telecomunicazioni e la sanità. Bangalore, una delle città indiane più popolose (con i suoi 5 milioni di abitanti). Viene considerata la Silicon Valley indiana perché produce circa 1/3 dei software esportati dalla nazione, oltre a essere la sede di ISRO, l’agenzia spaziale indiana. Infine, citiamo Ahmedabad, sia per la forza lavoro molto skillata, sia per la solidità del sistema finanziario.
Pro e contro dell’investimento in India
Da una parte emergono in modo evidente da questo articolo i pro di un investimento in un franchising in India, una politica illuminata con piani di sviluppo per attrarre capitale straniero, i circa 70 milioni di milionari che rappresentano una grande opportunità per trovare investitori e master franchise per i propri format, e ancora il fermento del mercato del franchising variegato e in crescita.
Gli imprenditori indiani e stranieri presenti alla fiera si sono lamentati di alcuni ostacoli da affrontare, come le norme e regolamenti non sempre trasparenti e per il grande ostacolo della corruzione: un problema che colloca l’India all’85° posto sui 175 Paesi analizzati del Transparency International’s Corruption Perception Index. Senza considerare la sperequazione tra paperoni e poverissimi. In India, l’1% più ricco della popolazione indiana detiene oltre il 40,5% della ricchezza del Paese, mentre il 50% compreso nella fascia con i redditi più bassi detiene appena il 3% della ricchezza totale (dati World Economic Forum).
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