L’occhio vuole la sua parte, il franchising del beauty. Il caso: The Lash Lounge

“Un essere umano è una creatura estetica prima ancora che etica”, è una dichiarazione dello scrittore russo premio Nobel Joseph Brodsky, che racconta tanto del mondo di oggi… e anche del mercato. Prendo in prestito la sua frase come introduzione a questo articolo, nel quale parlerò del settore beauty e di quanto oggi sia promettente il comparto per l’indotto franchising e per suoi due principali protagonisti: franchisor e franchisee.
Cerchiamo intanto di capire cosa si intende con beauty: a questo settore appartengono non solo i prodotti di bellezza – e quindi il make up come rossetti, ombretti e smalti, maschere per il viso e profumi – ma anche i tanti servizi che ruotano intorno al concetto di bellezza, dalle acconciature, al manicure, passando per i trattamenti della pelle del viso e degli occhi.
Anche in Italia, i numeri sono molto incoraggianti. Stando al Beauty Report 2019 di Cosmetica Italia (https://bit.ly/3n3carC) il valore del mercato interno supera i 10 miliardi di euro, con l’export che rappresenta oltre il 42% del giro d’affari, con un valore vicino ai 4,8 miliardi di euro.
Apriamo gli occhi
The Lash Lounge è stato il primo franchising made in USA dedicato esclusivamente alla cura delle ciglia, in particolare alle extension, ma anche ad altri servizi non-invasivi come lash lift, colorazione e threading.
Si tratta di un’attività di lungo corso, che negli anni ha cambiato volto per lanciare con successo la propria rete di franchising. È il 2006 quando la fondatrice, Anna Phillips, comincia a espandere il suo business: inizialmente estende il suo primo punto vendita, che fino a quel momento era tutto in una singola stanza. Poi ha lanciato il suo primo grande salone di bellezza a Colleyville, in Texas: appena ha sparso la voce, la lista d’attesa per i servizi si è allungata di un mese. Nel giro di un paio d’anni, ne apre due uguali in altre località.
Phillips si rende presto conto che il suo servizio di punta sono le extension alle ciglia: quando le applicava, poteva vedere “un’immediata trasformazione” nel volto delle donne, “a differenza di tutti gli altri servizi”, racconta:
«Dava alle donne un senso di sicurezza in se stesse: ho visto donne aprire gli occhi [dopo il trattamento] e cominciare a piangere, vedendosi belle per la prima volta».
Da qui l’idea di offrire la cura delle ciglia, e in particolare le extension, come servizio unico per i propri negozi. La domanda continuava a crescere, così come le richieste di aprire in altre città. Nel 2009, la fondatrice comincia a lavorare con un consulente di franchising per avviare la sua rete, che comincia l’anno successivo:
«Siamo stati i primi e gli unici per molto tempo, in franchising, i primi nel Paese a creare una catena esclusiva per la cura delle ciglia».
Quando cominciano ad arrivare i competitor, stringe una partnership con Franworth, una squadra di esperti di franchising che l’aiutano a crescere ancora di più e ad affinare la propria offerta. In particolare, l’idea è quella di restringere ancora di più la proposta commerciale, per migliorare la scalabilità e l’efficienza. “All’inizio”, racconta ancora Phillips, “avevamo in negozio anche una piccola boutique con alcuni prodotti acquistabili dalle clienti. L’abbiamo eliminata, quando abbiamo capito che ci impediva di scalare e distoglieva l’attenzione dalla nostra competenza principale, il servizio di extension”.
Alla fine del 2019, la catena ha festeggiato il 100esimo punto vendita proprietario, a cui si accostano altri circa 400 store in franchising. Oltre all’offerta esclusiva di servizi per le ciglia, un altro segreto di tanto successo è l’attenzione alla formazione dei gestori dei nuovi punti vendita e dei dipendenti:
«Conoscevo il mio punto forte – ha spiegato Phillips – Sapevo che ero in grado aiutare i proprietari, formare lo staff e mostrare loro cosa significa davvero gestire un salone: sapevo di poter aprire un Lash Loung di successo anche a occhi chiusi».
Call to action!
1. Nicchia inesplorata e anticipo dei bisogni latenti: non esistevano, prima, saloni di bellezza dedicati esclusivamente alle ciglia. Se vuoi offrire meno la concorrenza fa una cosa che gli altri non fanno o fanno poco e male.
2. Attenzione alla formazione: per offrire la stessa esperienza unica alle consumatrici in tutto il Paese, c’è bisogno di investire molto nella formazione dei professionisti che lavorano con te. Se formi bene vinci sempre.
3. Verticalizzazione, focus: se vendi troppe cose diverse rischi di confondere il consumatore. Se, al contrario, sei riconosciuto da tutti per un solo prodotto/servizio, sarà anche più semplice comunicare la tua offerta di valore. Diventa super specialista in una cosa!
Il beauty non è più un settore “tradizionale”. Il tech è entrato prepotentemente nel settore. All’ultimo Ces di Las Vegas, sono state tante le soluzioni di beauty tech presentate, tra cui lo smart mirror Venus che scansiona ogni millimetro della pelle per valutare macchie, rughe e luminosità e si connette ad Alexa per offrire dei consigli personalizzati. L’Oréal ha lanciato il suo Perso, che sta per personalisation: un progetto che punta ad analizzare la pelle del cliente e realizzare creme e sieri su misura. Mentre più visionario è il progetto dell’agenzia Seymour Powell che punta a creare stampanti 3D che producono maschere su misura, grazie all’utilizzo di riconoscimento facciale e l’intelligenza artificiale.
Altri trend invece, secondo gli analisti – a proposito ti consiglio questo bell’articolo di Cb Insight – sono il puntare su fasce etniche e demografiche che si sono sentite poco rappresentate dall’industria del beauty, come i Boomers e le persone di colore. Mentre resta forte il trend sostenibilità, dalla scelta di ingredienti organici e naturali sia nella realizzazione dei prodotti, che in quella dei packaging.

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