No banca ma fundraising

In Italia (ma non solo) vi è un problema cronico che inficia tutto il mercato del franchising e del retail in senso più ampio è l’accesso al credito. La liquidità necessaria per pagare non solo costi allestimento e forniture, ma anche buonuscite (spesso altissime) e caparre di affitto, non è nelle tasche di tutti coloro che desiderano vedere il proprio brand superare i confini della propria città. In questo numero esponiamo un case dedicato proprio a tale tema e di come la difficoltà è stata superata.

Il fatto

Il titolare di un ristorante di fama internazionale con un giro d’affari da 1,5 milioni di euro decide di voler creare un brand di alto profilo della ristorazione e per questo di avviare un progetto di nuove aperture dirette in capitali d’Europa. Questo in modo tale di poter garantire gli stessi standard qualitativi e la stessa filosofia.

Criticità: Accesso al credito

Difficoltà di accedere ai capitali attraverso le linee di credito ordinarie, ossia le banche, poiché oggi le banche per poter erogare prestiti hanno sistemi molto rigidi e spesso chiedono delle garanzie personali, esponendo l’imprenditore ad un rischio anche personale e non solo legato alle proprie società. Trovare capitali liquidi necessari per raggiungere questo obiettivo delle aperture.

Soluzione: Aumento di capitale tramite fundraising

Escluso il canale banche/istituti di credito, l’altra soluzione che abbiamo individuato come idonea fu quella del fundraising.
L’operazione, infatti, prevedeva l’apertura di due punti diretti in top location con la necessità di circa 1 milione di euro.
La raccolta di capitale per mezzo di investitori sarebbe stata la strada più diretta ed efficace. Ecco come sono state le fasi del progetto di fundraising.
Intanto, è stato necessario effettuare una diligence sul valore effettivo del ristorante e poi, successivamente, un business plan di sviluppo inteso a valorizzare l’equity value dell’azienda-ristorante, incrementando il valore dell’azienda in termini potenziali.
Questo business plan è stato utilizzato per attirare investitori privati che volessero in qualche modo sposare l’iniziativa imprenditoriale.
In virtù di questo prospetto informativo, si è riusciti a convincere una cordata di piccoli investitori privati ad entrare nel capitale sociale della società che detiene il ristorante, iniettando un capitale liquido a fronte del 30% della quota sociale.
Il tutto è stato possibile attraverso:
a) costituzione di una società di scopo di investimento composta da tutta la cordata di investitori;
b) la sottoscrizione, da parte di questa società, di un aumento di capitale riservato.
A seguito dell’iniezione di liquidità si potrà procedere all’apertura dei nuovi ristoranti, rimanendo in capo del fondatore l’intera governance e il controllo di tutti i poteri di ordinaria amministrazione e operativi.
È necessario far notare come l’attività avesse comunque un ottimo track record tale da rassicurare gli investitori coinvolti.
Questo significa che bilanci devono essere in ordine e in attivo e i business plan credibili e appetibili. Ciò che spesso illude i titolari di aziende è che basta una buona parlantina per far aprire i cordoni della borsa. Purtroppo, no, servono i numeri, numeri buoni e una valida progettualità.
Questa operazione ha avuto successo, non solo per la bontà del brand e del business, ma anche perché il titolare e promotore del progetto ha messo sul tavolo quote della sua stessa società facendo partecipare gli investitori al successo della sua attività.
Una dimostrazione di fiducia e di apertura mentale in un’ottica di realizzazione di qualcosa di più grande.

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