Requisiti legali per aprire un franchising: guida completa

Un viaggio tra leggi, false credenze, errori evitabili e decisioni strategiche.

davide d andrea ricchi

Quando si parla di franchising molti imprenditori pensano immediatamente alla crescita: più punti vendita, più visibilità, più fatturato. Ma il franchising, prima di essere un’opportunità commerciale, è un sistema regolato da norme precise che richiede consapevolezza legale, visione strategica e la capacità di strutturare il proprio modello in modo replicabile.

 

Non basta avere un’idea vincente o un locale che funziona: per trasformarlo in un format in franchising occorre rispettare requisiti giuridici, predisporre una documentazione chiara e saper trasferire valore reale ai futuri affiliati

 

E soprattutto, serve evitare alcuni errori che se sottovalutati possono minare l’intero progetto. Per capire meglio come tutto questo si traduce nella realtà, seguiamo una storia esemplare.

 

Immagina Mario. Gestisce un piccolo bistrot a Bologna: cucina veloce, pochi coperti, ma sempre pieni. Il locale ha un’identità forte, un nome azzeccato “La Zuppa del Diavolo” e una clientela affezionata. Dopo tre anni, Mario pensa: “Potrei aprire altri locali. Anzi, meglio: potrei farlo in franchising”.


E qui inizia la vera storia. Perché il franchising non è l’estensione spontanea di un’attività che funziona: è un cambio di modello, di mentalità e  un salto dentro un sistema legale strutturato. In questa guida scopriremo quali sono i requisiti legali per aprire un franchising, cosa non sottovalutare e quali false credenze abbandonare se vuoi partire con il piede giusto.

Quali sono i requisiti legali per aprire un franchising?

Contratto di franchising: forma scritta obbligatoria

La prima scoperta di Mario è che non può firmare un accordo al bar, tra una bevanda e una stretta di mano. La Legge 129/2004 lo dice chiaramente: il contratto deve essere redatto in forma scritta e contenere tutti gli elementi essenziali, tra cui:

 

  1. Marchio concesso in uso;
  2. Know-how trasferito;
  3. Fee d’ingresso, royalty, contributi pubblicitari;
  4. Territori concessi;
  5. Formazione e assistenza;
  6. Clausole di esclusiva, recesso, penali;
  7. Durata e modalità di rinnovo.

Documentazione precontrattuale: i 30 giorni che fanno la differenza

Almeno 30 giorni prima della firma, il potenziale affiliato deve ricevere:

 

  1. Bilanci degli ultimi 3 esercizi (se disponibili);
  2. Informazioni sulla rete (affiliati attivi, chiusure, contenziosi);
  3. Titolarità del marchio e forma giuridica del franchisor.

Qui molti inciampano. I bilanci delle piccole realtà, spesso redatti con finalità fiscali, possono non raccontare il vero potenziale. Ma tutto si può spiegare: in questi casi è fondamentale accompagnare i documenti con spiegazioni trasparenti, note integrative, indicazioni su investimenti futuri e scenari di crescita. Non per camuffare i dati, ma per raccontare con onestà ciò che è stato e ciò che può diventare.

 

Il know-how deve essere tangibile (e trasferibile)

Mario si accorge che tutto ciò che fa funzionare La Zuppa del Diavolo vive nella sua testa: le ricette, il modo in cui accoglie i clienti, la playlist Spotify del locale, la gestione dei fornitori e dei turni. 

 

Ma un franchising non si vende per ispirazione: si trasferisce con metodo.

 

In molti progetti in fase iniziale, come quello di Mario, possono emergere criticità formali più che sostanziali: magari è disponibile solo il primo bilancio, oppure il marchio esiste solo come dominio web e dunque non è registrato. L’importante è affrontarle con trasparenza e documentazione: dichiarazioni specifiche, note integrative, spiegazioni che rafforzino la credibilità e la visione del franchisor.

 

È in questa fase che diventa fondamentale codificare il know-how. Significa trasformare la propria esperienza in manuali operativi, procedure standard, strumenti digitali replicabili, capaci di guidare chiunque anche senza esperienza  a riprodurre il format con coerenza.

 

Un franchising non è “vendere una copia del mio ristorante”: è trasferire una formula che funzioni anche a chi non mi conosce.

Requisiti legali sottovalutati che possono compromettere un franchising

Molti, come Mario, pensano “sistemerò tutto dopo”. Ma nel franchising non c’è spazio per l’improvvisazione. Ecco i rischi più comuni:

 

Violazione dei 30 giorni precontrattuali: Succede spesso: l’incontro va bene, c’è intesa, si ha fretta di partire. Ma se l’affiliato poi cambia idea o ritiene di essere stato indotto a firmare senza il tempo necessario per valutare, può impugnare il contratto. E la legge sarà dalla sua parte.

 

Fee d’ingresso sproporzionata: Alcuni franchisor chiedono cifre importanti come 10.000, 15.000 euro  ma poi offrono poco o nulla: niente formazione, nessun kit di comunicazione, manuali scarsi o assenti. In questi casi, la fee può essere facilmente contestata, perché non proporzionata al reale valore trasferito.

 

Know-how non documentato: Mario, ad esempio, aveva ideato un sistema geniale per ottimizzare i turni e ridurre gli sprechi, ma era tutto nel suo laptop, su un foglio Excel mai salvato su cloud. Nessuno sapeva come replicarlo. Senza documentazione formale il know-how non esiste legalmente e non può essere tutelato né trasferito.



Marchio non registrato: Mario aveva un logo disegnato da un’amica e una pagina Instagram con migliaia di follower ma nessuna registrazione ufficiale del marchio. Un affiliato furbo avrebbe potuto registrare il nome e impedirgli di utilizzarlo. Non è un’ipotesi estrema: è successo davvero a decine di piccoli brand italiani.

 

La differenza la fa la consulenza. Serve un consulente esperto che accompagni nella redazione della documentazione e nella costruzione del modello. Perché anche con l’idea giusta il franchising può fallire per un dettaglio legale mal gestito.

False credenze da superare prima di aprire un franchising

Nel mondo del franchising girano convinzioni dure a morire, che rallentano o bloccano progetti perfettamente validi.

 

“Serve una storicità di almeno 3 anni”

 

Uno degli errori più diffusi? Pensare che per aprire un franchising servano per forza tre bilanci alle spalle. In realtà la legge richiede di fornire solo se disponibili i bilanci degli ultimi tre esercizi. Se non ci sono basta dichiararlo e spiegare perché. Nessun blocco, solo trasparenza.

Questa regola non serve a escludere chi è all’inizio ma a tutelare chi entra nella rete. L’obiettivo è dare un quadro chiaro della sostenibilità economica. Ma attenzione: non è la longevità a rendere un format valido bensì la sua replicabilità.

 

Oggi sono proprio le startup a guidare molte delle innovazioni nel franchising. Prendi ad esempio “Washly” – una lavanderia 2.0 con app, ambienti curati, zero gettoni. Dopo otto mesi e un solo punto vendita aveva già dati reali, un sistema operativo pronto e un business plan solido. Niente bilanci triennali ma molta sostanza e un know how pronto per essere trasferito. L’affiliato ha ricevuto tutte le informazioni previste dalla legge, comprese le motivazioni dell’assenza dei bilanci, e ha firmato.

 

La verità è che aspettare il momento perfetto spesso significa lasciarselo sfuggire. Mentre tu accumuli bilanci qualcun altro potrebbe scalare più velocemente con un’idea simile.

 

Bisogna avere il marchio registrato in Italia e in Europa

 

Tecnicamente non è obbligatorio registrare il marchio per avviare un franchising. Ma praticamente… sì, lo è. Perché se non lo fai chiunque potrebbe appropriarsene: nome, reputazione, brand. E accade più spesso di quanto immagini.

 

Il marchio è l’identità del tuo progetto. Non proteggerlo è come costruire una casa bellissima su un terreno che non è tuo.

 

Qualche anno fa, un ragazzo del Nord Italia lancia un piccolo concept di cibo healthy servito in box monoporzione, tutto take-away, zero sedute. Branding minimal, colori fluo, Instagram che esplode. In tre mesi apre il secondo punto. Al quarto, arriva un potenziale investitore e chiede: “Il marchio è registrato, vero?” e si accorge che era registrato in Germania e in Francia. Il founder ha dovuto cambiare brand, reimpacchettare tutto da zero, rifare insegne, pack, sito. Una piccola catastrofe identitaria, proprio quando stava decollando. Non ha mai svelato pubblicamente l’accaduto.

 

E se quel nome non ti convince davvero? Meglio sistemarlo ora. Ripensa a naming, payoff, identità visiva. Poi registrarlo con tutte le tutele del caso.

 

Non è solo un dettaglio formale: è una scelta di visione, un atto che dà solidità e valore al tuo brand .Registrarlo vuol dire tutelare ciò che rappresenta, aumentare la credibilità agli occhi di potenziali affiliati e abilitare nuove opportunità: licenze, white label, accordi di esclusiva.


Inoltre, tra gli elementi fondamentali del contratto di franchising c’è la concessione del diritto d’ uso del marchio. Ma puoi concedere un diritto solo se ne sei titolare. Ecco perché la registrazione non è solo consigliabile, ma strategicamente indispensabile.

 

Se Mario non registra “La Zuppa del Diavolo”, non può garantire all’affiliato che quel nome resterà suo. 

Come avviene la consulenza di Sviluppo Franchising in questa fase?

Una consulenza seria non parte dal contratto, ma da una domanda fondamentale: “Cosa rende il tuo business replicabile? E come lo rendiamo conforme alle regole?”

 

È da qui che inizia il lavoro vero. Si analizza il modello, si estrae e struttura il know-how, si costruiscono manuali operativi, brand book, materiali di formazione, si definisce il posizionamento del brand e si disegna la struttura economica della rete.

 

Poi si passa alla parte legale: fee d’ingresso, royalty, contratto, documentazione precontrattuale. E soprattutto, si affianca l’imprenditore nella fase di trattativa con i primi affiliati, spiegando le regole con chiarezza, costruendo fiducia.

 

Nel caso di Mario, la consulenza ha trasformato un bistrot di successo in una rete scalabile. Gli abbiamo fornito tutto: il contratto, il manuale, il percorso di addestramento, la strategia di branding. Oggi ha tre punti attivi, coerenti, profittevoli.

 

Il franchising non si improvvisa. Si progetta. E noi siamo qui per farlo con te. Richiedi ora una consulenza gratuita.

Vuoi creare un format da zero? Allora compila questo test.

Vuoi scalare il tuo business? Allora compila questo test.

CONTATTACI

Se vuoi saperne di più su come creare da zero un tuo format o sviluppare al meglio la tua rete franchising, fissa una consulenza gratuita.

Centralino

Sede Commerciale Italia

Via Copernico 38, 20125 Milano (MI)

Sede Legale & Operativa

Via del Baluardo 19, 64100 Teramo (TE)

Sede Filiale Dubai

14th Floor, Swiss Tower, Cluster Y,
Jumeirah Lakes Towers,
PO449544