
Come valutare un format franchising prima di affiliarsi: la checklist in 5 punti per un investimento sicuro
Hai trovato un marchio che ti fa brillare gli occhi. Vedi già l’insegna accesa, il primo cliente che entra, quella sensazione bella e un po’ vertiginosa del “finalmente sono io il capo”. Poi, mentre la penna sfiora il contratto, irrompe la domanda che taglia il fiato: “E se stessi facendo la scelta sbagliata?”
È una paura legittima. Anzi, è una paura sana: significa che stai prendendo questa decisione con la serietà che merita. La soluzione non è far finta di niente, ma cambiare pelle: da “candidato” a “investigatore”. Un franchisor di qualità non si spaventa delle domande: le apprezza. Perché le domande giuste sono l’antidoto alle promesse sbagliate.
Per aiutarti ti presento tre prospettive. Tre personaggi che entrano nella stessa storia con competenze, obiettivi e rischi diversi:
- Giulia è alla prima affiliazione: entusiasmo alle stelle, capitale limitato, bisogno di certezze.
- Marco valuta un Master Franchise: responsabilità territoriali, capacità manageriali, focus su scalabilità e governance.
- Elena è investitrice/professionista molto preparata: numeri, processi, exit strategy e mitigazione del rischio.
Stessa checklist, tre paia di occhiali. Prendili, indossali a turno e guarda cosa cambia.
1) Mercato e brand: c’è davvero una torta da spartire?
Prima di entrare nel negozio fermati sulla soglia del mercato. È in crescita o in declino? Chi sta mangiando le fette più grosse? Il brand che stai valutando ha una reputazione reale o vive di rendering e promesse? Non farti ipnotizzare dall’odore della vernice fresca: se il settore è saturo o stagnante, le insegne luccicano ma i conti piangono.
Se sei Giulia (prima affiliazione)
Hai bisogno di domande semplici con risposte solide. Chiedi come il marchio acquisisce i clienti nella tua area, quali canali funzionano davvero e se esiste una protezione territoriale chiara. Non accontentarti di “siamo fortissimi online”: pretendi dati locali e casi vicini a te. La domanda da fare: “Qual è il vostro vantaggio competitivo unico nella mia città oggi?”
Se sei Marco (Master Franchise)
Qui si gioca in grande. Devi valutare barriere d’ingresso, posizionamento e differenziazione difendibile su più città o regioni. Il tuo dubbio non è “funziona un punto?”, ma “si replica su larga scala con coerenza?”. Vuoi mappa concorrenziale, criteri di territorializzazione, saturazione massima sostenibile e politiche di esclusiva. Senza questi stai comprando un titolo senza sottostante.
Se sei Elena (investitrice/professionista)
Il mercato va “stressato” con metriche: CAGR di categoria, quota potenziale catturabile, stagionalità, elasticità di prezzo, rischi normativi. Il brand regge due diligence reputazionale su recensioni, rassegna stampa, sentiment social? Se la difendibilità competitiva è solo “branding”, il rendimento è un gratta e vinci.
2) I numeri: investimento sostenibile o promessa vuota?
L’investimento non finisce con l’arredo e il taglio nastro: inizia con le ricorrenze. Royalties, contributi marketing, forniture obbligatorie, canoni software, costi del personale. Trasparenti o nebulosi? Misurabili o “vedrà, poi si sistema”?
Se sei Giulia
Pretendi un conto economico previsionale aderente alla tua realtà: canone, scontrino medio, tasso di conversione locale. Chiedi scenari (conservativo, realistico, ambizioso) e il punto di pareggio. La frase chiave: “Potete mostrarmi un previsionale dettagliato per un affiliato con le mie caratteristiche e la mia città?” Se storcono il naso, hai già la risposta.
Se sei Marco
Ti servono unit economics e modello di scala: payback store, capex per rollout, curva di apprendimento, impatto del cluster su supply chain e marketing. Verifica bonus di rete (economie di scala reali) e penalità di dispersione (complessità gestionale). Vuoi KPI replicabili: ramp-up, % food/labor cost (se F&B), margini per cluster. Non sono numeri? È poesia.
Se sei Elena
Analisi cash-flow based e sensibilità: ROIC, DSCR, stress test su calo vendite, aumento costi, ritardi di apertura. Chiedi dati del pilota e pannello di affiliati mediani (no “campioni” selezionati). Valuta clausole economiche che impattano rendimento (minimi garantiti marketing, buy-back, penali). “Stratosferico” senza backing = piffero.
3) Know-how e supporto: ti vendono un sistema o solo un marchio?
Il franchising è un metodo, non un logo. Manuale Operativo, formazione, assistenza on-field, strumenti digitali: se il “come” non è dettagliato, il “quanto” non arriverà mai.
Se sei Giulia
Hai bisogno di formazione concreta e “prontuario d’emergenza”: checklist di apertura, gestione turni, procedure cassa, guide marketing base. Vuoi sapere chi chiami il giorno 2 quando qualcosa non funziona. Se il Manuale è un PDF di 30 pagine è un dépliant, non un sistema.
Se sei Marco
Qui serve governance: programmi di train-the-trainer, standard audit, SLA di supporto, piattaforme per CRM/BI, calendario di rollout e localizzazione del know-how (lingua, norme, usi commerciali). Senza un playbook di espansione e controllo qualità, il Master diventa “Master del caos”.
Se sei Elena
Valuta la maturità operativa: versioning del Manuale, change management, roadmap IT, metriche di compliance interna. Esiste un PMO o almeno un responsabile metodo con responsabilità misurabili? Quanto del sistema è persona-dipendente (red flag) vs processo-dipendente (green flag)?
4) La rete: la prova del nove è la voce degli affiliati
Brochure patinate e slide emozionanti sono il trailer. La verità è nel backstage: sentire chi opera ogni giorno.
Se sei Giulia
Parla con chi ha aperto da poco e con chi è da anni. Chiedi se si sono sentiti accompagnati nei primi tre mesi, se il marketing porta traffico reale, se rifarebbero la scelta. Una telefonata sincera vale più di dieci testimonianze “selezionate”.
Se sei Marco
Cerca i franchisee top performer e i medi. Indaga su coerenza degli standard tra province, tempi di risposta dell’Head Office, qualità dei fornitori, gestione dei conflitti territoriali. Se i migliori fanno bene nonostante il sistema e non grazie al sistema, hai individuato il collo di bottiglia.
Se sei Elena
Pretendi campione rappresentativo. Incrocia percezioni su margini, churn (uscite), litigation rate, credibilità del marketing centrale, puntualità di delivery. La domanda cattiva ma giusta: “Cosa il franchisor fa meglio? Cosa peggiorarebbe se crescesse del 50% in 12 mesi?” La scalabilità svela i limiti.
5) Il contratto: la legge del vostro “matrimonio”
È il documento che regola anni della tua vita professionale. Non è una formalità: è la costituzione del rapporto.
Se sei Giulia
Fatti assistere da un legale specializzato. Occhio a durata, cause di recesso, obblighi di acquisto, non concorrenza post-contrattuale. Chiedi se il franchisor è aperto al confronto su punti specifici. Un “no” pregiudiziale oggi è spesso un “no” operativo domani.
Se sei Marco
Valuta territorialità, milestone di sviluppo, reversibilità di asset, clausole di sub-affiliazione, audit e poteri di intervento, KPI minimi, cause di revoca. Senza equilibrio contrattuale, il rischio operativo si moltiplica. La governance si scrive prima, non quando scoppia il primo incendio.
Se sei Elena
Leggi con lente da risk manager: garanzie, penali, exit, change of control, proprietà dati/CRM, IP, fornitura esclusiva, adeguamenti economici. Ogni capestro oggi è basis point in meno domani. Se il contratto non “regge in tribunale”, il business non regge al mercato.
La firma non è la fine: è l’inizio della tua indagine continua
Questa checklist non è un rituale scaramantico: è due diligence. Richiede tempo, domande scomode e qualche “no” detto con gentile fermezza. Ma è l’assicurazione più potente sul tuo futuro da imprenditore. Un franchisor serio non solo risponderà: ti stimolerà a chiedere di più.
Chi è vago, mette fretta o si infastidisce… ti ha appena fatto il primo favore: ha alzato una bandiera rossa prima che tu firmassi.
Firma quando hai visto abbastanza da spegnere la paura e accendere la lucidità. Il viaggio inizia lì. E se l’hai preparato bene, l’insegna si accende… e i conti pure.