Il franchising e il mercato del lusso, quale relazione?

Chi l’ha detto che il franchising è solo mass market? Ecco i brand di lusso “in rete” . C’è un pregiudizio comune nel mondo del business: secondo molti, la formula del franchising non è adatta ai brand premium o comunque con un posizionamento medio-alto. I programmi di affiliazione vengono spesso etichettati come cheap, capaci di proporre solo prodotti/servizi accessibili e mass market. Se è vero che molte delle più diffuse catene al mondo offrono beni a basso costo, non è sempre così: oggi lo dimostro, con tante storie e brand premium che fanno invece del lusso il proprio tratto distintivo.

Alcuni casi.

Daniel Joines lancia l’attività nel 2004, quando sta cercando un anello di fidanzamento adatto per proporsi alla sua futura moglie. Insoddisfatto dalla ricerca, capisce che c’è spazio per una novità nel campo della gioielleria: la personalizzazione. È questa l’idea su cui si fonda Polished Diamonds, incentrata su diamanti e altre gemme, che attraverso software CAD (Computer Aided Design), permette di progettare anelli su misura a un costo ragionevole, oppure di scegliere tra una selezione di circa 300 prototipi. Il primo store è stato lanciato a Christchurch, in Nuova Zelanda, per poi allargarsi a Auckland. Oggi il piano di Polished Diamonds è di allargare la catena attraverso il franchising: in Australia (i prossimi punti vendita si apriranno a Sydney, Melbourne e Brisbane), ma non solo.

Le borse di lusso (ma usate)

È tutta italiana invece la catena Vendome Luxury Bags, nata nel 2011, che ha un modello di business molto particolare: è l’unica rete esistente specializzata nella rivendita di borse di lusso: da Louis Vuitton a Chanel, da Dior a Gucci, passando per Prada, Fendi e Bottega Veneta. Il modello funziona perché il personale di Vendome seleziona con attenzione solo borse in condizioni perfette, paragonabili al nuovo, ma proponendole chiaramente a prezzi più bassi, tra il 40 e il 50 per cento rispetto al nuovo. Oggi la catena ha 18 affiliati in Italia, oltre a quattro punti vendita di proprietà (di cui uno all’estero). Il fatturato medio per store è di circa 300mila euro annui.

Vuoi conoscere i segreti del funzionamento della formula del franchising?

Momonì

«Disegnare per le donne significa capirle. Immedesimarsi nelle loro esigenze, che sono anche le mie. Realizzo capi che indosserei io stessa, non pezzi da museo inavvicinabili».

Con queste parole Michela Klinz, co-fondatrice e direttore creativo di Momonì, racconta la natura della sua avventura, partita da un viaggio negli Stati Uniti: nel 2007, dopo il viaggio con tutta la famiglia, le viene l’idea di realizzare una piccola culotte, ancora oggi uno dei marchi di fabbrica del brand. Selezionando materie prime pregiate e coinvolgendo artigiani italiani di alta qualità, ha lanciato Momonì, il brand parte dell’azienda NYKY, fondata a Treviso nel 2008 da Klinkz insieme ad Alessandro Biasotto.

Come accennato, inizialmente la produzione è ristretta alla lingerie, ma con la crescita dei favori del pubblico, la linea si è arricchita di tanti prodotti, fino a creare “una collezione completa dall’estetica sofisticata, che esprime una combinazione inedita tra comfort e classe, aprendo a una nuova dimensione del lusso, moderna e contemporanea”, leggiamo sul sito ufficiale del brand italiano.

Da sempre, il marchio ha una spiccata vocazione internazionale ed è molto forte soprattutto in Francia, con l’apertura di corner e boutique a Parigi, Bordeaux, Lione e Cannes. Dal 2018, Momonì ha avviato un programma di franchising e oggi esistono 15 boutique, corner e shop in store internazionali, oltre a essere presente in 700 selezionati multibrand italiani, 600 all’estero.

La grande progressione dell’azienda è testimoniata anche dal fatturato: 12,5 milioni di euro nel 2017, vendite incrementate del 25% nel 2018 e 25,5 milioni di euro il fatturato nel 2019 (compresi anche gli altri brand del gruppo Nyky, OOF Wear e Attic and Barn).

Il sogno di una casa di lusso

Tante le agenzie immobiliari che offrono proposte di affiliazione nel settore del luxury Real Estate, l’immobiliare di lusso, molte di respiro internazionale. C’è la holding Kensington, fondata dall’imprenditore saudita Ahmed Bin Kandil Jadi, con un portfolio di 8 miliardi di euro nel mondo, tra immobili di lusso, dimore storiche e hotel. C’è la tedesca Engel & Völkers, che oggi conta più di 700 agenzie e oltre 8.500 dipendenti, in 34 Paesi. Tra le più note anche Coldwell Banker, con una storia più che secolare e forte di più di 100.000 agenti, che mette a disposizione un programma di marketing specifico per il segmento di immobili medio-alti, il Coldwell Banker Global Luxury.

Hotel e viaggi a 5 stelle

Ultimo, non per importanza (malgrado il durissimo periodo che sta vivendo), c’è il settore dei viaggi e degli alloggi di lusso. Sono diverse le catene che offrono la possibilità di aprire un albergo a tante stelle. Un esempio è l’InterContinental Hotels Group (IHG), gruppo che raccoglie marchi come Holiday Inn, Crowne Plaza e Intercontinental, con più di 5.000 franchisee nel mondo. C’è poi il brand Sheraton, con 435 hotel e 88 resort in più di 70 Paesi al mondo (dati: 2015). Parte di Marriott International come lo Sheraton, tra le catene di alberghi di lusso si distingue anche W Hotels Worldwide, con decine di location in mezzo mondo, soprattutto in Nord America (29) e Asia.

In conclusione possiamo dire che il lusso non snobba affatto la formula del franchising, anche i brand con un posizionamento alto possono avvalersi di un piano di sviluppo in franchising.

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