
Sviluppare una pizzeria in franchising: I casi Domino’s e Alice.
Otto milioni di pizze consumate ogni giorno, in Italia, per un giro d’affari che (escludendo alcuni comparti come la GDO e il frozen) arriva a 15 miliardi l’anno (dati Centro Studi Cna). In Italia la pizza è un affare d’oro e una ghiotta opportunità per le catene in franchising di mezzo mondo.
Ma più che della classica pizzeria, Domino’s e Alice sono due esponenti di un trend che – complice la pandemia – oggi non può essere più etichettato come “novità”: è il food delivery, in particolare della pizza, a rappresentare il core business delle due attività. E che nel 2021 arriverà a 1,4 miliardi di euro, il +56% rispetto all’anno precedente, segnato dal lockdown primaverile (dati Osservatorio eCommerce B2c Netcomm – School of Management del Politecnico di Milano). Analizziamo il loro successo.
Domino’s e Alice: due catene dominanti (ciascuna a modo suo)
La prima, probabilmente la catena di pizzerie più famosa del mondo. La seconda, molto meno nota a livello globale, ma che in Italia rappresenta una realtà consolidata, con tanti punti vendita e il cui controllo è passato da due anni nelle mani di IDeA Taste of Italy, il fondo specializzato in agroalimentare gestito da DeA Capital Alternative Funds SGR.
Domino’s nasce negli Stati Uniti nel 1960, quando i fratelli Monaghan, Tom e James, comprano una vecchia pizzeria in Michigan, chiamandola DomiNick’s e trasformando poi l’insegna in Domino’s cinque anni più tardi, quando la “catena” aveva tre store (da qui i tre punti del logo). Il franchising nasce nel 1967 e una decina di anni dopo, sono già 200 gli store in tutti gli Stati Uniti, mentre l’espansione internazionale comincia nel 1983, in Canada.
Oggi l’azienda è nelle mani di Bain Capital, Inc., dopo che il fondatore Tom Monaghan l’ha venduta nel 1998, per 1 miliardo di dollari. Solo lo scorso anno, ha generato revenue per 4,12 miliardi di dollari, nei suoi 17.600 punti vendita in tutto il mondo. In Italia, la catena ha aperto il suo punto vendita nel 2015 e oggi ne conta già più di trenta, ma punta a espandersi a più di 800 nel giro di un decennio.
Fondata nel 1990 da Domenico Giovannini, Alice Pizza è una realtà decisamente più piccola, ma non in Italia, dove già raggiunge numeri ben più importanti di quelli di Domino’s: è infatti la principale catena di pizza al taglio da asporto del nostro Paese, per un fatturato che nel 2019 superava i 76 milioni di euro. Sono infatti 180 le pizzerie Alice, la maggior parte proprio nel nostro Paese, ma con importanti eccezioni all’estero come Malta, Spagna, Francia e Stati Uniti. 148 sono i punti vendita in franchising, sviluppo che Alice ha avviato nel 2012. Gli occupati dalla catena sono in totale 253 nella rete diretta e 417 nel franchising (di cui la maggioranza donne, 216).
Il prodotto: la pizza “all’americana” contro la pizza romana (di qualità)
Le due catene si distinguono primariamente per il tipo di prodotto offerto. Il formato di Domino’s è quello tipicamente americano della pizza pie, rotonda, ma più alta della classica napoletana che conosciamo in Italia. Alice si distingue invece per la proposta della pizza in teglie rettangolari “al taglio”: come da tradizione romana, il prodotto è offerto nelle dimensioni richieste dal cliente, non a fette tutte uguali, e viene pagata a peso, non a pezzo.
Ma Alice, da sempre, ha provato a distinguersi anche per la qualità degli ingredienti e l’eccellenza della lavorazione, considerata ancora “artigianale”, malgrado il successo del format. Su questo aspetto, la catena ha investito molto attraverso la sua “Accademia della Pizza”, con sedi a Roma e Milano, con “lo scopo di condividere uno stesso “sapere artigiano” che si trasmette da 30 anni: un patrimonio di oltre 60 ricette per un’unica pizza dalle caratteristiche inconfondibili”, ha spiegato l’amministratore delegato Claudio Baitelli.
Domino’s nasce con premesse decisamente diverse. Per trent’anni, infatti, la catena americana offrirà solo due formati di pizza, con 11 ingredienti e una sola bevanda (la cola). La qualità era così scadente che molti consumatori, nei primi anni Duemila, quando fornivano i loro feedback spiegavano che la pizza “sa di cartone”. Ammettendo il problema, i dirigenti di Domino’s hanno cominciato a lavorare, sia a livello di prodotto che d’immagine, promettendo migliore qualità degli ingredienti, riconquistando così il favore del pubblico.
Dove però Domino’s ha sempre eccelso è stata la qualità del servizio. Nel 2008 ha introdotto gli ordini online e due anni dopo ha lanciato app per mobile, continuando a evolversi negli anni. Nel 2015 ha lanciato gli ordini via tweet, mentre l’anno dopo ha testato la consegna via drone, con un veicolo con autopilota e ha lanciato l’app “zero click”, per ordinare senza cliccare. Oggi i consumatori possono ordinare con la voce, via Google Home e Alexa, e seguire il proprio ordine attraverso un numero di tracking dedicato.
La location: pizzeria classica o dark kitchen?
Domino’s è da sempre dedicata alla consegna a domicilio e all’asporto. Persino la prima pizzeria non aveva abbastanza spazio per i tavoli e quindi Tom Monaghan decise di assumere diversi fattorini per la consegna in diversi punti della città. In questo senso, funziona quasi come una dark kitchen, ovvero una cucina che non offre servizio ai tavoli, ma solo per l’asporto e il delivery. In realtà non è proprio così, perché alcuni punti vendita prevedono anche pochi posti a sedere. Discorso simile vale anche per Alice Pizza, che non ha sempre dei tavoli e, quando ci sono, sono poco numerosi.
È più interessante notare la diversa scelta della location, almeno in Italia.
Alice punta alla copertura capillare di tutto il territorio nazionale, non solo le città. Da sempre, infatti, la filosofia della catena è di scegliere anche le zone periferiche, i quartieri residenziali, abitati generalmente dalle famiglie.
Al momento, invece, Domino’s è presente soprattutto tra Roma, Milano e Torino, oltre che in alcune città di medie dimensioni come Vicenza, Piacenza, Parma, Modena e Bologna. C’è da scommettere, però, che si tratti solo di una strategia di ingresso nel mercato e con l’apertura (promessa) di più di 800 pizzerie, anche Domino’s punti a occupare capillarmente il mercato.
Quella della location è una scelta chiave: sempre più spesso i consumatori scelgono, oltre al prodotto, la comodità di poter raggiungere un punto vendita vicino o di farsi arrivare direttamente il pranzo a casa. Ecco perché, per una catena in franchising, questa scelta diventa fondamentale. Per approfondire il tema location, leggi il mio libro “Let’s Franchise – 69 segreti per creare un una rete franchising di successo”, a cui ho dedicato l’intero Primo Capitolo.